“La trincea delle farmacie italiane”, è così che il presidente di Federfarma, Marco Cossolo, definisce la battaglia giornaliera dei farmacisti contro eventuali contagi nello svolgimento del proprio lavoro al banco. Due sono stati i problemi che i farmacisti italiani hanno affrontato: il primo quello della scarsità di gel disinfettanti al quale hanno potuto sopperire allestendo, in collaborazione con la SIFAP, il preparato direttamente in farmacia evitando l’impennata dei prezzi poi, quello della mancanza delle mascherine che hanno cercato di aggirare allestendo ai banchi degli schermi di plexiglass.
Ma al di là degli aspetti tecnici, Cossolo evidenzia il grande lavoro di informazione e rassicurazione compiuto dai farmacisti nei giorni della pandemia sollevando dubbi e preoccupazioni delle persone. Dietro i banconi delle farmacie, sempre aperte durante la fase più acuta dell’epidemia da Covid-19, domeniche incluse, donne e uomini hanno sfidato il pericolo fra mille difficoltà e altrettante incertezze, muniti di camici e mascherine, armati di un profondo senso del dovere. Esposti in prima linea, nella trincea del pronto soccorso e del primo aiuto, ci hanno offerto gli strumenti per proteggerci dal virus e i medicinali di cui avevamo bisogno. Ci hanno assistito, educato ai corretti comportamenti da seguire. Ci hanno dispensato sorrisi e regalato qualche parola di conforto.
Hanno rischiato la vita, così come i medici e gli infermieri in corsia eppure, di loro, si è parlato soprattutto per la polemica riguardo i costi dei dispositivi di protezione individuale, con l’ingiusta accusa di essere una delle categorie che nell’emergenza sanitaria ha voluto arricchirsi. E’ quanto emerge da alcune testimonianze delle farmacie d’Italia circa la condizione di molti farmacisti che si sono ritrovati soli dall’oggi al domani, in “assetto da guerra” ad imparare il Covid-19 sul campo. Le difficoltà riscontrate dai farmacisti sono state più o meno le stesse: la poca conoscenza dei vari tipi di mascherine, l’utilizzo dei para fiato che hanno messo una barriera tra il farmacista ed il cliente, il servizio delle consegne a domicilio sia di farmaci, sia di bombole di ossigeno a seguito delle numerose richieste telefoniche da parte di quella parte di popolazione più “debole” e costretta a stare in casa. Molti colleghi si sono inevitabilmente ammalati ed hanno dovuto formare, in breve tempo, collaboratori e ragazzi appena laureati per evitare di dover chiudere la farmacia. Durante la prima fase della pandemia i farmacisti hanno anche svolto un’importante funzione educativa, a partire dallo sforzo per far comprendere le norme di distanziamento, fino a far abituare le persone a disinfettare le mani. Questa, d’altronde, è la funzione sociale e sanitaria che la farmacia è chiamata a svolgere: insegnare alle persone i corretti comportamenti legati alla prevenzione e, nel caso specifico, alla prevenzione dal virus. Tuttavia l’epidemia ha motivato ad accelerare il processo della digitalizzazione, finora sottovalutato da alcune farmacie, attraverso le consulenze su appuntamento, in modo da garantire ai pazienti tutto il tempo e l’attenzione di cui hanno bisogno, pur rimanendo in assoluta sicurezza e con l’arrivo di un locker in stile Amazon, ovvero un armadietto che consente, tramite pagamento anticipato, di ritirare in negozio quanto ordinato senza dover fare alcuna fila. L’obiettivo per il futuro è quello di continuare su questa strada, moltiplicando le occasioni di contatto anche al di fuori della farmacia e alimentando il circolo virtuoso tra fisico e digitale. Perché quello che credevamo un passaggio lungo e complicato, si è rivelato in realtà un cambiamento immediato, quasi naturale, che le persone erano pronte e, forse, anche invogliate a recepire già da un bel po’.